I conti con me stesso Indro Montanelli

 I conti con me stesso Indro Montanelli

 I conti con me stesso Indro MontanelliQuesto libro, curato da Sergio Romano (sua è anche la Prefazione), è la raccolta dei diari di Indro Montanelli, scritti dal 1957 e il 1978. Fu pubblicato nel 2009, in occasione del centenario della sua nascita (Fucecchio, 22 aprile 1909).

I diari originali (12) sono custoditi nell’Università di Pavia (“Fondo manoscritti”). Fu lui stesso a consegnarli. Non potete immaginare quanto mi piacerebbe poterli visionare.

La sua eredità ai lettori

Desiderio a parte, la raccolta (divisa in 4 parti) è straordinaria: lo stile sferzante di Montanelli si fa ancora più vivo, considerando che, in quanto diari, li aveva scritti per se stesso. Ci sono un centinaio di personaggi, tra giornalisti, politici, personalità varie, cui non risparmia una staffilata o una carezza (ma sempre un po’ ruvida), da buon “toscanaccio” qual era. Consigliare di leggerlo, a chi lo ha apprezzato, è il minimo. Ma lo consiglierei anche a chi, invece, non lo ha apprezzato. Credo (anzi, sono fortemente convinta) che sfogliare le pagine di questo libro possa far cambiare idea.

Parla di se stesso, senza peli sulla lingua, senza nascondersi, senza tentare di giustificare errori. Come da sua abitudine, effettivamente, mai si è nascosto dietro a un dito.

Ateo, feroce anticomunista, ma non per questo “servo” della parte avversa. Basti leggere i passaggi relativi alla DC, e al delitto Moro, uomo al quale non ha risparmiato critiche anche dopo la sua morte, alla faccia degli ipocriti che lo hanno lasciato morire.

Aldo Moro, col compromesso storico, stava facendo di tutto per portare il PCI al Governo. Montanelli combatteva accanitamente dalle pagine de “Il Giornale” (da lui stesso fondato). Forlani fu inviato per convincerlo a desistere dal proposito, ed ecco cosa il grande Indro scrive, nel suo diario: <<Forlani cerca di convincermi che per combattere il Pci non c’è che da corresponsabilizzarlo. Gli dico: 1°) Che ritengo questa tattica catastrofica. 2°) Che, anche volendo, non riuscirei a persuadere i miei lettori, i quali mi abbandonerebbero (e infatti lo faranno 10 anni dopo, sempre in ottica anticomunista). 3°) Che non vedo perché dovrei fare il giuoco di una Dc, che non mi ha nemmeno dato segno di aver capito il servizio che le resi il 20 giugno, che non perde occasione di svillaneggiarmi. 4°) Che se Moro ha da dirmi qualcosa, m’inviti a un colloquio: io non glielo chiedo.>>

Ma la cosa più importante, quella che maggiormente mi ha colpita, è verificare quanto le cose non siano affatto cambiate. Mi sono ritrovata, spesso, ad esclamare: “Ecco, lo aveva detto!”. Ma perché non lo abbiamo ascoltato?

Vi ho trovato anche un Montanelli intimista: parla con affetto della sua Colette, compagna amata, e della sua depressione, della quale soffriva anche sua madre. Convinto dell’ereditarietà della malattia, si rifiuterà di incontrare il figlio (“non voluto”, come egli stesso specifica) da un’altra donna, per non veder soffrire anche lui della stessa patologia.

Parla anche dell’attentato che subì nel 1977 dalle Brigate Rosse, e dà uno schiaffo a chi, a quanto pare, ha gioito di quanto accaduto. Scrive, infatti: «La notizia che in fondo mi fa più piacere — scrive in una pagina del 4 giugno 1977 — è che in due salotti milanesi, quello di Inge Feltrinelli e quello di Gae Aulenti— si è brindato all’attentato contro di me e deplorato solo il fatto che me la sia cavata»

 Il libro, di 284 pagine è corredato di note a margine (generalmente brevi biografie delle persone citate) e indice analitico dei nomi e dei fatti cui Montanelli si riferisce.Queste parti occupano un buon numero di pagine (30, per la precisione). Le trovo utilissime perché alcuni non sapevo chi fossero.

L’editore (Rizzoli) scrive, in una nota iniziale, che alcuni dei passi sono stati eliminati, a causa del carattere fortemente offensivo nei confronti delle persone citate. E anche qui, sarei curiosissima di saperne di più!

Se lo avete stimato, leggendo il libro non potrete che rinverdire la stima. Se non lo avete amato, forse potreste cambiare idea. E se non lo conoscevate (mi rivolgo ai più giovani) quale migliore occasione di questa?

’Credo in Qualcuno. Non credo che saprò mai, ne’ da vivo ne’ da morto, chi è e come è fatto”

Pubblicato da vivereebenessere

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2 Risposte a “I conti con me stesso Indro Montanelli”

  1. Ho adorato Montanelli, ma un aptnpuo ora lo vorrei fare.Lavorare di più va bene, ma con criterio. L’Italia ha reagito alle crisi anni 70 divenendo una depandance industriale per nazioni più ricche: in pratica, vendiamo il nostro lavoro in cambio di combustibili. Abbiamo certamente preso a lavorare di più, abbiamo perso garanzie sul lavoro e nella vita, abbiamo visto aumentare la poverte0 e calare il monte paghe dei salariati, ma tutto questo lo abbiamo fatto solamente per continuare a stendere catrame e riempire serbatoi. Ridicolo.Questo modo di lavorare di più ci porta alla rovina: dobbiamo imparare a reinvestire il nostro lavoro in azioni che ci rendano meno dipendenti dagli altri.Altrimenti questa nazione non potrà far altro che crollare assieme ai suoi inaffidabili fornitori di antico carbonio. Indipendentemente da quante ore avremo lavorato e da quanto saremo divenuti poveri e parsimoniosi.fausto

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