L’airone Giorgio Bassani
Di solito approfitto delle pause lavorative offerte dai periodi festivi per rileggere vecchi libri che, in passato, mi hanno particolarmente colpita.
La recente estate ho riletto, fra gli altri, anche “L’airone” di Giorgio Bassani, pubblicato nel 1968 e insignito del premio “Campiello” l’anno successivo.
Mi ha fatto pensare alla morti per suicidio e, in particolare, a quello di Mario Monicelli. Mi sono spesso soffermata a pensare alla scelta che ha compiuto e mi sono domandata se il grande maestro della nostra cinematografia avesse letto questo romanzo.
Ma ho pensato anche all’inutilità della caccia, pratica deprecabile e ancora più avvilente quando addirittura si uccidono animali non destinati al nutrimento dell’animale uomo…ma questa, è un’altra storia, non ha nulla a che fare col senso del libro.
L’airone appartiene a una “serie“, chiamata “Il romanzo di Ferrara“, composta da 6 libri dei quali L’airone è il quinto. Come si può facilmente arguire, l’azione si svolge nel 1947 proprio nella provincia ferrarese, a Codigoro. Eviterò di scrivere cenni sulla vita del grande scrittore italiano, potete trovare in rete tutte le informazioni. Per esempio su questo sito.
Trama
Il protagonista, Edgardo Limentani, avvocato non praticante, di origini ebree, decide di andare a fare una battuta di caccia, insieme a Gavino. Si sveglia alle 4, ma rimane seduto sul letto, colto da un’improvvisa malinconia. Decide comunque di avviarsi, dopo aver cercato di evitare (così sperava), non riuscendoci, di salutare la moglie, Nives.
In un mattino nebbioso, nell’umido territorio ferrarese, Gavino uccide, con un fucile di Edgardo, una quantità notevole di selvaggina, mentre il protagonista rimane a guardare. Un’airone, in volo, viene ferito. Va a cercare riparo proprio nella botte in cui era nascosto Edgardo, che rimane ad osservarlo, immedesimandosi nell’animale. Una nuova serie di spari lo spaventa, e perciò cerca nuovo rifugio, ma inesorabilmente viene trovato e “finito”. Rimane impressionato dagli occhi, ormai velati, del povero airone morente….
Finita la battuta di caccia, dona tutta la selvaggina a un oste, presso il quale mangerà e riposerà, in una stanza messagli a disposizione.
“Come erano tranquilli e beati gli altri, tutti gli altri! – tornava a ripetersi, riabbassata la testa sul piatto -. Come erano bravi a godersi la vita! La sua pasta si vede era diversa, inguaribilmente diversa, da quella della gente normale che una volta mangiato e bevuto non bada che a digerire. Accanirsi a mangiare e a bere a lui non sarebbe servito, no“.
Doveva passare a casa del cugino, si avvia, ma sotto casa del congiunto, si limita a sfiorare il campanello, riprendendo invece il cammino, verso il niente. Osserva, come se fossero burattini, una coppia che discute. Entra in una chiesa, cercando un posto sufficientemente nascosto (non voleva essere notato) e cammin facendo si imbatte in una bottega di un imbalsamatore, dove, tra i tanti animali, vede anche un airone. Sono belli, più belli che da vivi. Non rischiano di deteriorarsi, col trascorrere della vita.
Riflesso sulla vetrina, vede anche il suo volto: è in mezzo agli uccelli impagliati, e finalmente prova felicità. Felicità nel voler morire, e volontà di non lasciar fuggire quel momento. Prima di tornare ad essere infelice.
Torna a casa, dove trova la famiglia riunita, a tavola, scambia battute scherzose con la moglie. Salta la cena, per prepararsi a consumare, finalmente, la sua felicità. Va in bagno, e si prepara, seduto, col suo fucile. Si fa portare dello spago dalla cameriera, da legare al grilletto. Ma all’improvviso sente il bisogno di salutare la madre, prima di “andare”. “Buonanotte”, ripetè.
“Buonanotte, caro Edgardo“.
Impressioni
Il romanzo potrebbe lasciare l’amaro in bocca ma, se si va oltre i condizionamenti socio-culturali della nostra “società”, si riesce a comprendere, forse, che la morte non è solo tragedia. Qui, il protagonista la celebra come “liberazione” da una vita ormai priva di senso e di difficoltà “d’essere”.
Non ha importanza, ai fini della lettura, se il protagonista compirà il gesto estremo. La cosa che colpisce è vedere come entrambi, Edgardo e l’airone, si dibattono nella trappola della vita. Uno per restare vivo, uno per volerla abbandonare.
un bellissimo libro, doloroso, che fa riflettere sul senso della vita